Speciale Halloween. Magia, macabro e grottesco – Perché attraggono?

di Anna Merolle

Nel nostro immaginario, il macabro e l’horror derivano da un mondo oscuro e agitato da ombre. Gli antichi egizi erano affascinati dall’oltretomba e le loro credenze sono tuttora piene di mistero e seduzione. Il cinema dell’horror trae molto dalle leggende del Nilo e nella famosa serie televisiva di fantascienza Stranger Things di Matt e Ross Duffer si racconta, per l’appunto, dell’esistenza di questa dimensione chiamata il sottosopra. Gli antichi egizi avevano descritto molto bene questa prospettiva del sottosopra  in cui il mondo oscuro è rovesciato rispetto al diurno e separato dall’emisfero terrestre. In questa prospettiva geografica i morti camminavano  capovolti con i piedi contro il soffitto con la spiacevole conseguenza che gli escrementi dei vivi diventavano il loro cibo. Questo spiega il perché nei film e nelle varie rappresentazioni artistiche  gli abitanti del mondo oscuro si nutrano sempre di robaccia e lerciume. Anche la psicoanalisi, nella figura di J. Hillman,  ci parla di mondo infero nel trattare la profondità dell’anima. Si tratta di un luogo governato dagli dei dell’Ade: freddo e nero; pieno di fango; di cattivi odori e abitato da animali feroci e sotterranei. Possiamo giungere ad esso attraverso i sogni onirici, ma non solo. L’arte cinematografica può aprirci a questo mondo con il vantaggio ulteriore di renderlo meno timoroso per il potere della finzione. I sogni onirici, invece, in qualità di prodotti del nostro inconscio, ci portano direttamente in esso senza distanza di protezione. Attraverso l’incubo/horror siamo effettivamente nel freddo del mondo infero.

La differenza tra la visione del film horror/splatter e i reali fatti di cronaca risiede nella caratteristica del genere che li rappresenta. Il film ha una trama romanzata che lo rende affascinante con lo spettatore teso incollato allo schermo fino alla fine. Il fatto di cronaca è un documentario che per la sua nota di realtà diviene insopportabile alla visione. La natura folle e assassina di un uomo può incuriosire, specie se rispecchia gli standard normali di un cittadino comune. Da lì, il passo a provare la paura di essere degli effettivi criminali capaci di azioni orrende, è un attimo. Questi pensieri e timori di agire sono di natura intrusiva e fastidiosa ma non reali. La loro natura è strettamente legata alla reattività data dell’evento specifico.

Haloween deriva da una ricorrenza celtica ed è proprio la matrice antropologica di questa celebrazione che lo collega al mondo infero e al nostro lato oscuro.

Nella tradizione celtica l’inverno era visto come stagione oscura e nel 31 ottobre cadeva la celebrazione dell’inizio dell’inverno. La credenza voleva che a seguito dell’oscurità stagionale, in quel dato giorno, si sarebbero raggruppati un gran numero di forze soprannaturali e spirituali, come gli zombi. La superstizione recitava che chi sarebbe uscito di casa avrebbe incontrato i fantasmi. Per essere irriconoscibili a queste entità bisognava vestirsi in un certo modo e spaventarli.  C’era una certa magia e mistero in questa credenza: l’idea che la barriera tra il mondo dei vivi e quello dei morti venisse meno in quel giorno e che le anime dei defunti e dell’oscurità venissero ad abitare il mondo degli uomini. Da qui le usanze per difendersi dal soprannaturale: decorare le case con immagini di gatti neri, fantasmi, zucche intagliate. Vestirsi con maschere di vampiri e stregoni prima di avventurarsi all’esterno e guidare i bambini nell’avvicinarsi agli estranei con abiti e giochi superstiziosi per allontanare gli spiriti.

Halloween con i suoi riti e i suoi simboli rispecchia il desiderio di ognuno di noi: poter essere per un giorno, in massima espressione e divertimento, ciò che non è possibile essere nel quotidiano.

I costumi sono un riflesso di chi vogliamo essere o avremmo paura di essere: sexy, orribile, cattivo, perverso, folle. Interessante è valutare se ci sentiamo più a nostro agio nell’esprimere la tipologia di costume vicino al reale, o al fumetto, o al grottesco e basta.

Il travestimento è l’espressione che rende Halloween e il Carnevale di Venezia affascinanti e unici nella loro atmosfera.

C’è un senso di illecito nella trasgressione e nell’orrore che li rende seducenti ai nostri occhi. Nella nostra crescita ci è stato detto che erano sbagliati. Anche l’innocuo pizzicotto al fratellino per farlo strillare perché gelosi era bandito e punito. Ma questo divieto assieme al piacere del proibito è rimasto in noi, seppur sepolto e anima la nostra zona d’ombra.

Da qui nasce il paradosso della connessione tra orrore e piacere, tensione e godimento. La linea sottile che li intreccia può divenire anche pericolosa, allorquando il macabro può spingere verso azioni estreme  ed esagerate  che non rimangono nello schermo, ma giungono nel reale. Naturalmente un’attenta educazione alle emozioni facilita la loro padronanza, ancor più oggi che viviamo nel mondo dei social, dove il nostro reale è inserito nel virtuale. Impedire la visione dell’horror ai ragazzi ha le sue controindicazioni. Per gli adolescenti questo genere cinematografico ha un effetto catartico. Consente di gestire il terrore, di ricollocare i propri vissuti di rabbia in un ordine funzionale per se stessi e nella relazione con l’altro, in special modo se il buono, pur violento, vince sul cattivo. Inoltre la visione dei mostri cinematografici risvegliano quelli personali interiori e li depotenziano. Se il tutto diviene un troppo da sostenere ci si può sempre coprire gli occhi.

Le fiabe non raccontano ai bambini che i draghi esistono. I bambini sanno già che i draghi esistono. Le fiabe raccontano ai bambini che i draghi possono essere uccisi

(Gilbert Keith Chesterton)

In psicoanalisi, C. G. Jung riteneva l’horror capace di attivare due archetipi importanti la cui densità emotiva è sepolta nell’inconscio collettivo e personale. Si tratta dell’imago materna e dell’ Ombra, quale parte oscura repressa e sotterranea.

È proprio la trasposizione del nostro sentire di fronte all’azione violenta, macabra e tortuosa del protagonista folle che si scaglia contro terzi, spesso traslati dell’imago materna, a rendere il genere horror/splatter attraente e di successo.  Se poi c’è l’eroe buono, si acquietano anche i sensi di colpa perché il bene trionfa sul male. Per Stephen King, i giochi sportivi violenti sono l’espressione equivalente della guerra, cosi come i film horror sono un’espressione di un linciaggio pubblico.

Dalla nostra Ombra noi non possiamo scappare, più ci allontaniamo e maggiore sarà l’intreccio tra lato oscuro e fascinazione. La filmografia può essere una via come l’analisi interiore che ci libera dai modelli e ci porta verso un’autenticità espressiva. Quando abbiamo meno paura di noi stessi, abbiamo anche meno paura dell’aggressività altrui. Chissà! La prova del nove potrà essere il sostenere ad occhi aperti il finale del film horror senza la paura successiva di vedere ombre aggirarsi nella propria camera da letto.

Halloween gioca sullo scambiare l’oscurità in luce: i cattivi sono dei bizzarri, gli zombi e i mostri sono anche buoni e romantici. Un gioco di fantasia in cui la magia, il macabro e l’occulto diventano un lecito e l’ombra di ognuno di noi può divenire grottescamente luce per un giorno.

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